A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

giovedì 10 luglio 2014

"Non si rompe il termometro per eliminare la febbre". Intercettazioni, la versione di Nordio

a cura di Tony Rusty

Il 30 giugno scorso, nel corso di una conferenza stampa (presenti il Presidente del Consiglio, il Ministro della Giustizia ed il Ministro degli Interni), il Governo ha presentato i 12 punti in cui intende articolare, nei prossimi mesi, la propria azione riformatrice sui temi della Giustizia. Il Governo non ha ancora depositato i testi dei disegni di legge con i quali dare attuazione ai punti annunciati, preferendo per ora promuovere una discussione ed un confronto pubblico: a tal fine ha avviato la raccolta di indicazioni e spunti tramite una consultazione dei cittadini che si concluderà il 31 agosto 2014 (a tal fine è stato attivato un indirizzo di posta elettronica: rivoluzione@governo.it).

Il video della conferenza stampa del Governo (30.6.2014).

Tra i punti di dibattito indicati dal Governo vi è anche la disciplina delle intercettazioni, sulla quale il Presidente del Consiglio ha dichiarato che non è ancora pronto un testo di riforma. Il tema è stato declinato per lo più sotto il profilo della ricerca del miglior equilibrio tra diritto all’informazione e tutela della privacy: "nessuno vuole bloccare le intercettazioni disposte dai magistrati - è stato detto nel corso della conferenza stampa - ma ci sono vicende che non attengono alle inchieste e che sono strettamente personali". Il Presidente del Consiglio ha chiesto che gli organi di informazione avanzino proposte sul tema.
Ci si domanda, tuttavia: ma il problema è solo quello della pubblicazione, più o meno indebita, delle intercettazioni, o non vi è qualcosa in più su cui intervenire con riforme mirate? Ed è sensato addebitare tutto il peso della questione sulle spalle degli organi di informazione? I dubbi appaiono fondati, leggendo alcune reazioni sulla stampa, ma anche le valutazioni di molti operatori qualificati della giustizia e dell'informazione.
Più che interessanti, a questo proposito, sono i giudizi espressi in tempi non sospetti da Carlo Nordio, che attualmente è Procuratore aggiunto della Repubblica a Venezia dove si occupa di reati economici, di corruzione e di responsabilità medica. Negli anni Ottanta ha condotto le indagini sulle Brigate Rosse venete e sui sequestri di persona, negli anni Novanta sui reati di Tangentopoli; è stato consulente della Commissione parlamentare per il terrorismo e presidente della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale. Un magistrato impegnato in prima linea: in questi mesi sta coordinando la clamorosa indagine sul MOSE, che dal giugno scorso ha scosso l'opinione pubblica e amplificato il dibattito sulla corruzione e sulle norme che regolano la realizzazione delle opere pubbliche.
In un libro pubblicato nel 2010 (In attesa di giustizia), in cui dialoga con Giuliano Pisapia (avvocato affermato ed attualmente Sindaco di Milano), Nordio ne tratta con franchezza, esprimendo giudizi che possono apparire sorprendenti, ma non per questo infondati. Peraltro anche all'epoca della pubblicazione del libro era in pieno svolgimento una vivace discussione circa la contestata riforma della disciplina delle intercettazioni presentata dal Governo Berlusconi, e su cui nel libro anche Nordio esprime alcune considerazioni.
Ne riportiamo dunque i passaggi significativi sull'argomento.

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La realtà dolorosa è che le intercettazioni telefoniche e ambientali sono in piccola parte utili (e forse indispensabili), ma nel complesso sono costose e dannose. Costose, perché gravano per centinaia di milioni di euro sul bilancio già striminzito della giustizia. Dannose, per il cittadino che subisce intrusioni moleste, e per l'investigatore che si appiattisce sulla loro facile esecuzione, rinunziando a strumenti più complessi, ma anche più affidabili.
La loro connotazione odiosa non deriva tanto dall'intromissione clandestina nella sacralità della sfera individuale, quanto dalla manipolazione selettiva cui sono soggette. Chi dispone di questi dialoghi può scegliere con una buona dose di arbitrio se farli filtrare, in quale misura e con quale frequenza, magari applicando la tignosa logica di Richelieu: datemi una lettera con un paio di forbici, e ne farò impiccare l'autore. Tagliando e incollando le nostre parole, ciascuno di noi può sembrare un pazzo furibondo, un viscido pervertito, un pericoloso incendiario, o tutte e tre le cose.
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[Le intercettazioni, ndr] non le apprezzo, o almeno non le vorrei nel fascicolo processuale.
Riconosco, però, che le intercettazioni telefoniche e ambientali sono un male necessario. Necessarie alle indagini, sono tuttavia perniciose ai cittadini, perché violano l'art. 15 della Costituzione, che stabilisce che «la libertà e la segretezza di ogni forma di comunicazione sono inviolabili».
Come male necessario, dovrebbero essere limitate ed eccezionali, invece proliferano con enormi costi economici e organizzativi. Poi, al momento opportuno (per qualcuno), vengono ciclicamente pubblicate con sapiente e programmata perfidia. Ne sono rimasti vittima tutti: politici, religiosi, imprenditori, magistrati, uomini di scienza, di spettacolo e, più genericamente, personaggi famosi. E domani chissà a chi toccherà.
Questi strumenti ambigui hanno ripetutamente mostrato i propri limiti, o meglio i pericoli connessi a un loro uso spregiudicato.
La segretezza delle conversazioni è l'altra faccia della nostra libertà. Se sapessimo di essere sempre ascoltati, non diremmo mai quello che realmente pensiamo, e soltanto la meschina ipocrisia dei moralisti senza morale può predicare che chi non ha nulla da nascondere non ha nulla da temere. No. Come il giusto pecca sette volte al giorno, ognuno di noi pronuncia ogni giorno settantasette frasi di cui dopo si pente: sortite infelici del nostro fragile intelletto, vulnerabile all'emotività e ai capricci del caso. Frasi da relegare nella spazzatura della nostra stessa coscienza, che opportunamente le ricicla nella macina della quotidianità. Ma queste parole, una volta pubblicate, inquinano e deformano l'immagine di chi non le può più rinnegare.
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Esistono gli scherzi e le millanterie. Esistono le chiacchiere e i comportamenti. E in ogni caso c'è una differenza sostanziale tra il progettare un crimine e l'eseguirlo. Ma, una volta trascritte e presentate al magistrato, le intercettazioni perdono il loro connotato fondamentale: il tono di chi sta parlando, a seconda del quale anche una semplice parolaccia può assumere un significato scherzoso, ironico, oppure affermativo, negativo, interrogativo, interlocutorio.
Sono infinite le sfumature di tono, che, in una conversazione, connotano il discorso in un senso o in un altro. Per giunta, ed è la cosa peggiore, le parole, pronunciate per essere ascoltate, una volta scritte, tolte dal loro contesto, vengono selezionate dalla polizia giudiziaria, che magari in buona fede trascura passi essenziali. Se parlo al telefono di polvere bianca si penserà alla cocaina, ma se aggiungo che mi ha attenuato la gastrite si capisce che è bicarbonato. La trascrizione del solo primo brano non è falsa, ma è parziale e dà una rappresentazione ingannevole: è una manipolazione.
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[Le interecettazioni, ndr] non devono essere abolite, ma relegate tra gli strumenti più subdoli e ambigui, come le lettere anonime e le spiate dei confidenti: deiezioni talvolta fertili ma sempre segrete, che non entrano, né possono entrare, nei fascicoli processuali.
Se tramite una lettera anonima una intercettazione o una spiata vengo a sapere che forse c'è una bomba messa dal tal dei tali in una scuola, controllo. Ma non uso l'informazione come prova in tribunale. L'accusa e la difesa dovrebbero individuare quelle ritenute utili, e il resto andrebbe distrutto.
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La verità è che le intercettazioni sono state trasformate da mezzi di ricerca della prova a prove in sé: elementi di contestazioni, di catture e persino di condanne, che poi alla fine vengono generalmente annullate.
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Certo, possono essere indispensabili per cominciare l'indagine, ma senza per questo esser trascritte e rischiare, un giorno, di esser divulgate. Questo già accade oggi con le intercettazioni preventive. Se gli investigatori sentono qualcosa, si attivano, e procedono - o dovrebbero procedere - con strumenti assai più efficaci: pedinamenti, controlli, documentazione video ecc.
Peraltro, voglio ricordare che le inchieste più importanti della nostra storia giudiziaria, quelle contro il terrorismo e le Brigate Rosse, si sono felicemente concluse senza una sola intercettazione utile.
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... la riforma [delle intercettazioni, ndr] così com'è non convince ... Contiene troppo, e insieme troppo poco.
Troppo poco, perché mantenendo le intercettazioni come mezzo di prova ne consente l'accesso non solo ai magistrati che le dispongono e ai poliziotti che le eseguono, ma agli avvocati e alle parti che hanno diritto di selezionarne i punti utili. E saremo daccapo.
Ma contiene anche troppo, perché limita fortemente il diritto di cronaca durante la fase investigativa. Se l'intercettazione deve restare segreta, esattamente come le fotografie pedopornografiche contenute nei fascicoli, non per questo si può impedire al cronista di seguire lo svolgimento delle indagini, e di raccontarle adeguatamente. Al contrario.
Nei paesi di consolidata democrazia il bravo giornalista non si limita a pubblicare servilmente le dritte di poliziotti e magistrati, ma stimola entrambi con una critica serrata, e spesso con un'inchiesta parallela.
Aggiungo, infine, che le intercettazioni atrofizzano le capacità investigative sia della polizia giudiziaria che dei giornalisti.
...
Partiamo da un esempio. La dote migliore del tradizionale medico di famiglia era il cosiddetto occhio clinico: quel particolare intuito diagnostico che consentiva di indovinare le malattie alla semplice vista, o visita, del paziente. Gli esami di laboratorio erano rari, quelli radiografici rarissimi.
Nell'ambito delle investigazioni accadeva la stessa cosa. I marescialli dei carabinieri e i commissari di polizia erano essenzialmente persone di esperienza e di buon senso: i migliori non erano quelli più istruiti, ma quelli più perspicaci. Al primo colpo d'occhio (clinico) avevano già capito come erano andate le cose, e, partendo col piede giusto, raramente arrivavano alla conclusione sbagliata. Anche senza godere delle facoltà quasi divinatorie di Poirot e di Philo Vance, essi ne condividevano, magari senza saperlo, il metodo di lavoro: studiare gli uomini prima di concentrarsi sulle cose.
Questi tempi sono finiti. L'occhio clinico dei camici bianchi è stato sostituito dall'occhio meccanico della diagnostica computerizzata: ormai è lo stesso paziente a pretendere le più raffinate e tormentose scopìe invasive.
Anche l'intuito del bravo sbirro è stato umiliato dalla tecnologia applicata alle indagini. E, come nessun medico si azzarda più a formulare un parere senza aver ammassato pile di referti, così nessun investigatore procede nelle inchieste se non è assistito da una schiera di periti, sempre più specializzati, e sempre più settoriali, che raccolgono e analizzano le tracce del delitto.
Superfluo aggiungere che, come la medicina ha fatto progressi giganteschi nella diagnosi e nella terapia dei malanni, così la giustizia è altrettanto fieramente progredita nella ricostruzione dei crimini e nell'individuazione dei loro autori. Nessuno potrebbe seriamente pensare di privarsi, negli ospedali come nei tribunali, di questi strumenti che raccolgono ed aggregano dati invisibili ai nostri sensi e incomprensibili ai nostri cervelli. Però, se essi vanno adoperati con fiducia, occorre anche molta cautela.
La tecnologia ci eleva a vette vertiginose, ma rende più fragoroso il tonfo quando si fa conto solo su di loro. Roma, oggi, è molto più vulnerabile, se improvvisamente viene meno l'interruzione dell'energia elettrica, del tempo in cui era percorsa dai cavalli e illuminata dalle candele. Il black-out di qualche anno fa ce l'ha dimostrato. Dobbiamo servirci della tecnologia senza diffidenza ma anche senza illusioni, perché tutte le macchine sono in realtà stupide, e dipendono sempre da noi: strumenti e marchingegni vanno bene finché si affiancano alla nostra critica raziocinante. Diventano perniciosi, e talvolta fatali, quando tendono a soffocarla, o magari a sostituirla; ricordiamoci che la loro funzione è di assistere la nostra testa, che è la sola ad aver la funzione di pensare.
Se la funzione sviluppa l'organo, smettendo di pensare ci atrofizziamo anche noi.
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I giornalisti non sono certo gli unici responsabili delle rivelazioni pilotate o pruriginose. Le responsabilità, o meglio, le colpe sono equamente distribuite tra il legislatore, i magistrati e, solo a questo punto, anche i giornalisti.
Il primo è responsabile di inerzia cosciente, perché non ha mai fatto nulla per cambiare una normativa che all'atto pratico si è rivelata sgangherata e fallimentare.
I magistrati sono responsabili di una gestione sapiente di atti istruttori, di cui dovrebbero garantire la segretezza e di cui invece consentono, per vanità o per noncuranza, una divulgazione pilotata.
Gli ultimi, i giornalisti, sono corresponsabili, perché barattano sensazionali anticipazioni in cambio di articoli elogiativi sulla professionalità degli investigatori. Così sviliscono il loro mestiere, perché, invece di cercarsi le notizie con faticose, ma stimolanti controinchieste, preferiscono appoggiarsi alla mano amica di un poliziotto, di un segretario o, come dicevo, di un magistrato.
Questa purtroppo è la realtà. Una realtà ben nota a tutti, politici, magistrati e giornalisti. Nessuno la ammette e, soprattutto, la modifica, perché ciascuno nel suo ambito ne trae consistenti vantaggi.
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Chi maneggia questo strumento abominevole alimenta con carne umana il coccodrillo nella speranza che esso mangi il proprio avversario, senza sapere che, alla fine, il coccodrillo mangerà anche lui. Come tutti sanno, prima ancora che in tribunale le intercettazioni finiscono, giudiziosamente tagliate e sapientemente pilotate, sulle pagine dei giornali, con in più la vergogna dell'ipocrisia.
Parlo d'ipocrisia - anche in questo caso, equamente distribuita tra il legislatore, i magistrati ed i giornalisti - perché, se la legge vieta che alcune categorie di persone, avvocati, parlamentari, ministri, vengano intercettate, il divieto non vale per i loro interlocutori. Se Tizio, con il telefono sotto controllo, parla con il parlamentare Caio, l'intera conversazione finisce sul giornale e il divieto diventa una favola vuota. È accaduto un po' a tutti, da Fassino a Berlusconi.
La colpa sta in tutti noi, che abbiamo accettato questa porcheria senza un esame critico delle sue conseguenze civili e morali. Forse perché, abituati per secoli all'umiliazione dei sudditi, non abbiamo ancora acquisito il vigore dei cittadini.
Governo e Parlamento non hanno mai fatto nulla. Adesso, prospettando la punizione dei giornalisti che pubblichino materiale intercettato, hanno gettato benzina sul fuoco, perché non si rompe il termometro per eliminare la febbre. I giornalisti sfornano un prodotto già confezionato da magistrati, avvocati e poliziotti. Ed e lì che bisogna intervenire.

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Secondo i dati ufficiali del Ministero della Giustizia (ricavabili dalle Relazioni annuali sulla amministrazione della giustizia), in Italia l'andamento nel tempo delle intercettazioni autorizzate dalla magistratura è quello riepilogato nella seguente tabella, che evidenzia un aumento complessivo del 24% in sette anni.

Bersagli intercettati
Anno 2006
Anno 2007
Anno 2008
Anno 2009
Anno 2010
Anno 2011
Anno 2012
Utenze telefoniche
100.147
116.459
124.326
119.307
125.150
121.072
124.713
Ambienti
10.470
10.717
10.894
11.143
11.729
11.888
13.603
Altre tipologie di bersagli
2.726
1.800
1.866
1.716
2.172
2.573
2.261
Totale bersagli intercettati
113.343
128.976
137.086
132.166
139.051
135.533
140.577

La spesa per le intercettazioni sostenuta nel 2012 (ultimo anno al momento disponibile) è stata pari a 218.449.989 euro, circa il 28% del totale delle spese sostenute dall'erario presso gli uffici giudiziari.
Secondo un'indagine condotta nel 2010 da Eurispes, ogni anno in Italia vengono intercettate circa 181 milioni di conversazioni.

Vedi anche:
Quando la difesa della legalità diventa illegale: abuso delle intercettazioni, il grande fratello ci controlla (15 maggio 2014)
- Nove massime di deontologia giudiziaria (11 giugno 2014)

Per saperne di più
- Consiglio dei Ministri del 30.6.2014: Giustizia – Le linee guida in dodici punti
- Carlo Nordio e Giuliano Pisapia, In attesa di giustizia. Dialogo sulle riforme possibili, Guerini e associati, Milano, 2010
- Disegno di legge "Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche" (relazione, testo degli articoli), promosso nel 2008 dal IV Governo Berlusconi (procedura di approvazione non conclusa dal Parlamento)
- Garante per la protezione dei dati personali: intercettazioni, serve maggiore sicurezza (24.7.2013)
- Gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali (istituito dalla Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995): Raccommandazione 2/99 relativa al rispetto della vita privata nel contesto dell'intercettazione delle telecomunicazioni (3 maggio 1999)

Rassegna stampa
- Non sono i PM a volere abusi sulle registrazioni, intervista a Maurizio Carbone (La Repubblica - 1.7.2014)
- Rivoluzione virtuale, di Massimo Giannini (La Repubblica - 1.7.2014)
- Bisogna trovare l'equilibrio tra privacy e diritto di cronaca, intervista a Felice Casson (La Repubblica, 1.7.2014)
Intercettazioni e privacy: quel testo segreto contro l’Italia degli origliatori, di Claudio Cerasa (Il Foglio - 1.7.2014)
- Bordin line, di Massimo Bordin (Il Foglio - 2.7.2014)
- Sulla pubblicazione dei nastri serve una svolta, intervista ad Antonello Soro (La Repubblica - 2.7.2014)
- Bisogna filtrare le intercettazioni e distruggere quelle irrilevanti, intervista a Michele Vietti (La Repubblica - 2.7.2014)
- Intercettazioni: riscoprire la deontologia e rispettare la legge, di Vladimiro Zagrebelsky (La Stampa - 2.7.2014)
- Intercettazioni: servono semplici e chiare parole di legge, di Paolo Graldi (Il Mattino - 2.7.2014)
- Intercettazioni: non basta una legge a salvare la privacy, intervista ad Antonello Soro (L'Unità - 2.7.2014)
- Una riforma improbabile, di Paolo Ermini (Corriere fiorentino - 2.7.2014)
- Nessuno censuri le intercettazioni, intervista a Gian Carlo Caselli (La Stampa - 3.7.2014)
- Riforma giustizia senza accordi sottobanco e sulle intercettazioni nessun giro di vite ai PM, intervista ad Andrea Orlando (La Repubblica - 6.7.2014)
Intercettazioni: verso l’udienza-filtro, di Claudia Fusani (L'Unità - 9.7.2014)

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