A cura di: Antongiulio Barbaro, Alessio Bartaloni, Amos Cecchi, Antonio Floridia, Monica Liperini,
Arnaldo Melloni, Eriberto Melloni, Massimo Migani, Mario Primicerio, Simone Siliani



Nessuno è chiamato a scegliere tra essere in Europa e essere nel Mediterraneo,
poiché l'Europa intera è nel Mediterraneo.

Aldo Moro

Il Movimento Studentesco Fiorentino come esperienza-pilota nel contesto nazionale

di Amos Cecchi

● la fase precedente ● la sua fondazione ● la sua rilevanza nella formazione di un soggetto politico studentesco di massa a dimensione nazionale, per la riforma della scuola e del suo nesso con la società, in un rapporto positivo ed autonomo con il movimento operaio


1. il Movimento studentesco fiorentino

Il Msf nasce nell’autunno del 1971 (è quanto ci dice la datazione accertata del documento fondativo).
L’ iniziativa muove dalla Fgci di Firenze [1].
Il suo costituirsi ed operare è in linea con l’esperienza di movimento fin lì portata avanti dall’area politica studentesca che fa riferimento, pur con un proprio punto di vista, alle organizzazioni storiche del movimento operaio (Pci e sindacato unitario, fondamentalmente): quest’area, fin dal ’68, cui ha partecipato, in prima linea e con importante ruolo, soprattutto fra gli studenti medi, è stata portatrice dell’idea-forza dell’autonomia del movimento studentesco, quale auto-riconoscimento del proprio essere soggetto politico, per la definizione e la pratica di un rapporto necessario con il movimento operaio.
Per dare una spiegazione del formarsi di un orientamento del genere, qui a Firenze, si può fare riferimento, in estrema sintesi, a: 1. l’esperienza dell’alluvione, con il confronto importante, in specie per la formazione politico-teorica di tanti giovani, fra la sinistra ed il cattolicesimo post-conciliare e post-lapiriano, e con la realizzazione di innovative forme di organizzazione di base, quali i comitati di quartiere; 2. il fermento politico in atto a sinistra, nell’area del Pci, in particolare, che porta un’area di giovani verso un’impostazione antiburocratica e in contrasto con i modi di essere (la politica calata dall’alto), fin lì, del partito in cui militano o con cui si confrontano; 3. l’attenzione che verso il movimento studentesco emerge, alla fine di un duro dibattito condotto in forma aperta, a livello nazionale, nel Pci, con l’articolo di Luigi Longo (Il movimento studentesco nella lotta anticapitalistica – Il contemporaneo/Rinascita, maggio 1968) [2].
L’importanza della scelta dell’autunno ’71 è la presa di coscienza di dar vita a qualcosa di veramente strutturato, di radicato nella scuola, di autonomo ed aperto alla massa degli studenti, senza sovrapposizione dall’alto, politicistica, fortemente critico nei confronti dei gruppi, se vogliamo la costituzione di un soggetto che si muove all’attacco per ridare sostanza al movimento studentesco, che, con un proprio discorso, punta ad essere parte aggregante e unitaria per l’insieme degli studenti.

2. il prequel

Non intendiamo, ovviamente, fare qui la storia del periodo ’68-71.
Indichiamo dei punti di riferimento.
Il sessantotto a Firenze, con una dimensione di massa, nasce alla fine di gennaio, con tre giorni di sciopero e manifestazioni imponenti nelle vie del centro sia degli studenti universitari che medi.
In precedenza, nell’autunno-inverno, in particolare per la lotta contro la 2314, la proposta di riforma dell’Università del governo, diverse facoltà sono state occupate e si è sviluppata un’importante iniziativa politica di parte studentesca universitaria.C’è già, qui, qualcosa di nuovo che fermenta, seppur non si rompa ancora con le forme organizzative della politica studentesca universitaria, esistenti ed in crisi, e non si dispieghi in tutto il suo spessore politico e contestativo il nesso scuola/società.
Ancor prima, nel giugno ’67, si è tenuta una grande manifestazione nazionale studentesca, organizzata dall’Ugi, contro la guerra nel Vietnam: con un acceso scontro politico in piazza, sul palco, e sul prosieguo del corteo.
I tempi sono oggettivamente maturi. Una larga avanguardia, anche a Firenze, si sta formando: darà luogo sia alle componenti estremistiche che a quelle che si pongono in un rapporto critico-positivo con l’insieme del movimento operaio.
Alla fine di gennaio, l’intervento repressivo della polizia all’interno delle facoltà occupate fa da detonatore del movimento di massa.
Studenti medi e universitari organizzano una risposta di lotta: l’adesione è di massa.
Ancora un intervento brutale della polizia in piazza S. Marco – il 30 gennaio: e la protesta dilaga nei giorni successivi. Segnaliamo, qui,  che alla manifestazione di risposta contro l’atto repressivo, nel cortile di S. Apollonia, i rappresentanti dei partiti, compreso quello del Pci, che pur portano la loro solidarietà, vengono contestati largamente.
Tutta l’Italia studentesca scende in lotta per solidarietà: il sessantotto è iniziato.
L’area politica studentesca che fa, autonomamente, riferimento critico alla sinistra operaia è dentro il movimento fin da subito (ovviamente, per scolpirne la personalità, non si può, qui, fare una storia d’insieme del movimento studentesco, delle fasi che attraversa e delle sue differenziazioni politiche, fin da poco dopo il suo sorgere assai marcate).
L’importante è tratteggiarne le forme ed i modi in cui si muove.
All’inizio, praticamente tutta la sinistra studentesca ha come riferimento, per gli studenti medi, l’Ugs, in parallelo con l’Ugi, per gli studenti universitari.
Ma, con il movimento divenuto di massa, necessitano nuove forme di organizzazione che siano diretta espressione di quel che sta montando e che è tanto di più e di qualitativamente diverso dalla fase precedente/pre’68.
E’ da considerare che nella prima metà del 1968, il movimento degli studenti medi è largamente a traino di quello universitario, per le iniziative di lotta.
Nel frattempo, dentro la temperie politico-culturale del sessantotto, anche il movimento nelle scuole medie superiori prende forma: alla fine dell’estate nasce il Movimento studenti medi [3].
Inizialmente unitario, riesce a sviluppare iniziativa ed a radicarsi nelle scuole con nuclei d’istituto. Ha un coordinamento a livello cittadino [4].
La logica politica dell’estremismo rompe, ben presto, l’unitarietà del movimento: anche se non le forme organizzative con cui si esprime: il nucleo e l’assemblea.
La componente che ha per riferimento la sinistra operaia, che mantiene una forza considerevole in tutto il periodo ’68-71, oltre ad una linea radicata nella scuola ed al rapporto politicamente stretto con il movimento operaio, punta costantemente a valorizzare l’autonomia del movimento.
Non c’è mai la scelta di organizzare iniziativa politica nelle scuole direttamente come organizzazione politica.
Ma il contesto generale in cui ci si trova ad operare porta più alla mobilitazione politica per scioperi sindacali, per rispondere ad atti di repressione, che a iniziative riguardanti la scuola, propriamente (ed ovviamente nel suo rapporto con la società).
L’unità del movimento è in piazza, ma non è politica. E lo scontro con l’estremismo dei gruppi extraparlamentari è acceso
Tutta la fase, successiva alla conquista del diritto d’assemblea – e di una modifica significativa dell’esame di stato, come risposta da parte del governo alla lotta del movimento per la sua abolizione – diciamo dopo l’anno degli studenti medi, il ’68-69, e, soprattutto,  dopo Piazza Fontana,  ha questo segno. Forse, fino a metà ’73.

3. l’importanza del Msf

Nel contesto nazionale, quella del Msf è chiaramente un’esperienza-pilota.
Svolge un ruolo importante nella discussione interna alla Fgci, via via che questa tende ad affermarsi come la principale organizzazione dei giovani di sinistra nel nostro Paese.
E’ significativo che il Msf si proponga come costitutivo del suo modo  politico di essere il radicamento nella scuola. Un’altra esperienza che, più o meno contemporaneamente,  viene offerta alla discussione nazionale è quella della Lega democratica degli studenti di Bari: qui si teorizza l’opposto, ovvero l’esigenza di organizzare gli studenti sul territorio. Probabilmente, incide, qui, la dimensione universitaria assai presente al suo interno e l’esperienza politica del movimento di lotta del bracciantato.
Il Msf è un movimento di studenti medi. Anche il riferimento, fin dal documento costitutivo, all’esperienza del Bilancio, ad Architettura, è  l’indicazione di un movimento autonomo coerente con il proprio discorso e, al contempo,  la proposizione di un legame politico che si considera positivo, sulla base, comunque, di un lavoro politico di massa parallelo e autonomo.
E’ quella del Msf l’esperienza che tende a farsi esempio diffuso, incontrandosi con altre forme similari di movimento presenti in diverse realtà del Paese.

4. l’autonomia e la politicità del movimento studentesco

Non intendiamo, qui, produrre una compiuta riflessione sul concetto di autonomia di un movimento di massa e sulla sua politicità (e sulla reale autonomia che si realizzò nel Msf e negli Osa).
Cerchiamo, comunque, di evidenziare i punti sostanziali, per una discussione.
a. Si può affermare che un punto di riferimento forte è, in quella stagione, il sindacato dei consigli: a grandi tratti, e tenendo conto della specificità studentesca, è quello il modello.
b. L’autonomia, come modo di essere di un movimento, nell’esperienza del movimento operaio italiano in cui la discussione è particolarmente collocata, costituisce la rottura di un rapporto di cinghia di trasmissione tra un soggetto (il partito) che dà la linea ed un altro soggetto (il sindacato, nella fattispecie storica primaria) che la recepisce e la porta avanti. Insomma, si ha autonomia se il processo di decisione è chiaramente interno al soggetto/movimento.
c.  L’ autonomia di un movimento di massa copre uno spazio di protagonismo di massa, con una sua specifica politicità (differente da quella di un partito o di una istituzione) che può muovere dalla radice della condizione immediata/futura di un soggetto di massa e da una tendenza al generale che esso può assumere, con la disposizione a far parte, allargandolo e qualificandolo, di un blocco politico e sociale alternativo. E’ un di più politico, rispetto all’azione di un partito, che porta ad un’iniziativa ed ad un progetto energia, impegno ed un punto di vista proprio e critico, non mobilitabili con l’intervento esclusivo della dimensione politico-partitica: qui sta il suo valore politico ed il suo essere politico [5].
Per quel che riguarda la reale autonomia del Msf e degli Osa, in generale, si può dire che, nonostante il Pci sia il principale/esclusivo referente politico-generale di gran parte degli appartenenti, c’è, senza dubbio, un’autonomia dal Pci: segnata, oltre che nelle modalità di lotta, da elaborazioni dal basso e dall’interno del movimento, anche assai differenti e critiche verso le posizioni ufficiali del Pci: ad esempio, rispetto a punti importanti della sua proposta di riforma della scuola media superiore o alla sua impostazione inizialmente iper-istituzionale della vicenda dei decreti delegati.
La discussione può aprirsi sul rapporto Fgci-movimento, essendo la Fgci, o più specificamente la sua componente studentesca, ad esercitare un ruolo complesso: quale portatrice della strategia generale del Pci tra la gioventù studentesca, quale larga parte della guida interna del movimento, quale portatrice delle istanze del movimento all’interno del dibattito del Pci.
Senza dubbio, un’autonomia più forte avrebbe potuto aversi con l’apporto unitario di altri contributi politico-culturali, e quindi con una unità interna al movimento, e con una partecipazione di base più intensa ed istituita, scuola per scuola (attraverso i consigli dei delegati eletti su base di classe).
C’è, comunque, un dato: il movimento di massa incide direttamente sulla politica e nei rapporti politici, come qualcosa che non è immediatamente riportabile all’azione di un soggetto  organizzato di natura politico-partitico.

5. il dibattito nazionale nella Fgci

La Fgci, a livello nazionale, in un passaggio storico-politico contrassegnato dal montare diffuso di una spinta di cambiamento politico e morale fra le nuove generazioni [6], allarga significativamente la propria presenza nella scuola, svolge un’iniziativa intensa tra gli studenti, è sede importante di dibattito.
Ogni anno (dal ’69 in poi) si tiene l’assemblea nazionale degli studenti medi – appuntamento centrale per l’iniziativa della Fgci nella scuola e per il confronto fra le diverse esperienze presenti nel Paese.
Costante è il dibattito all’interno degli organi dirigenti e sulla stampa.
Le indicazioni politiche – che traiamo dagli appuntamenti nazionali, in particolare, fino a quello del ‘72 – concentrano l’attenzione sulla presenza della Fgci nella scuola e sulla linea politica da portare tra gli studenti e nel movimento di massa. Non riportano, nonostante la discussione ponga il problema,  un’attenzione politica forte alla costruzione/organizzazione del movimento degli studenti, in forma autonoma e con una dimensione nazionale.
Giudicandosi, da parte di più esponenti del gruppo dirigente nazionale della Fgci, non chiaro e definito, su più punti – e quindi anche su quello di un movimento studentesco autonomamente organizzato – l’esito dell’appuntamento nazionale di quell’anno (tenutosi ad Ariccia, dal 2 al 4 novembre),  si apre negli organi dirigenti – e su Nuova Generazione, il settimanale della Fgci,  fra la fine  del ’72 e l’inizio del ’73 – un dibattito importante che si concentra assai sul nuovo movimento studentesco da costruire ed organizzare.
Il confronto porta ad una sottolineatura unitaria dell’obbiettivo di dar vita ad un movimento autonomo ed organizzato degli studenti.
In una riunione della direzione nazionale della Fgci, tenutasi nel febbraio ’73, in vista di un’importante sessione del Cc e della Ccc del Pci, che si svolge immediatamente dopo, la linea di un movimento studentesco autonomo, organizzato, con una sua dimensione nazionale, interlocutore importante del movimento operaio, prende chiaramente corpo.
Parlando, come esponente della Fgci, nel dibattito degli organi nazionali del Pci, Amos Cecchi indica una linea politica di movimento da portare nella scuola, e distinguendosi da posizioni presenti nel dibattito (ad esempio, quella di Ernesto Ragionieri, che attacca fortemente l’azione delle sezioni universitarie del Pci, in specie quella di Firenze: a questi ribatterà anche Giovanni Berlinguer) che pensano soprattutto, o soltanto, ad una lotta contro l’estremismo,  porta esempi di quel che di nuovo matura, facendo riferimento esplicito alla Lega democratica degli studenti di Bari ed al Msf: dato il passaggio stretto esistente in quella fase nel Pci per far avanzare una politica di movimento, riporta qui le due esperienze più importanti, anche se, puntando al radicamento nella scuola, il modello è più quello di Firenze [7].
Si evidenzia, comunque, anche una differenziazione significativa.
Limitandoci ai due principali responsabili nazionali degli studenti della stagione oggetto della nostra indagine (Paolo Franchi, nella prima parte del quinquennio ’71-75, ed Amos Cecchi, nella seconda parte del periodo indicato, se vogliamo, le due figure emergenti e punti di riferimento nel dibattito della Fgci e all’esterno [8]), schematizzando un po’, possiamo dire: Franchi punta, soprattutto, a dare un indirizzo politico-generale alla mobilitazione studentesca, Cecchi, partecipe dell’esperienza del Msf, si propone anche e fortemente di dar vita ad un nuovo soggetto politico di massa, con una sua propria autonomia ed una sua propria organizzazione, a dimensione nazionale.
Approfondendo un po’ – e pur tenendo presente che la definizione del crinale della politica è oggetto fondamentale in sé di ogni discussione politica – si può dire che la dimensione politico-generale che il movimento studentesco ha da avere al suo interno è un connotato che è assunto dalle diverse posizioni presenti nel dibattito (eccetto quella che fa capo alla federazione di Milano – con qualche riferimento significativo nella Direzione del Pci – assai contestata sia da Franchi che da Cecchi, insieme a gran parte della Fgci), come pure la presenza organizzata della Fgci all’interno della scuola.
 In tal contesto, Franchi appare più portatore di una linea in cui è primario che il movimento sia schierato  all’opposizione nei confronti del governo del Paese e che, quindi, qui, direttamente, assuma la sua politicità. L’esigenza di dare una forma organizzata all’autonomia del movimento – anch’essa con una propria e chiara portata politica – sta un passo indietro. E/o, forse, c’è qui la preoccupazione di evitare il rischio di cadere in un’impostazione sindacalistica. Una posizione che, in qualche modo, per converso, può esser letta come  una diminutio della politicità in sé della dimensione di movimento, e, oggettivamente, del lavoro politico per dargli autonoma personalità.
Cecchi, da parte sua,  punta a costituire un soggetto politico di massa, autonomo, con una propria piattaforma di lotta, che sul nesso forte scuola-società contesti e si opponga alla politica d’insieme del governo del Paese, ponendosi come parte del blocco, sociale e politico, di un’alternativa.
Al di là, comunque, di una possibile (e, per me, praticamente inevitabile) forzatura in questa descrizione dei principali attori in campo, pur nelle forme particolari della discussione proprie di quest’epoca e in un’organizzazione a stretto contatto con il Pci, un confronto aperto di rilievo, con più punti di vista e con esposizioni personali significative, si svolge, espressione anche della forza che la Fgci ha acquisito tra gli studenti e sente di dover gestire.

6. Movimento degli studenti, Pci e D’Alema nella preparazione del XX congresso della Fgci

En passant, facendo un salto alla fine del ciclo di questa Fgci e allargando la platea dei protagonisti, è da ricordare anche che, ad un certo punto, in vista del XX congresso della Fgci, anche Massimo D’Alema, invitato, con altri esterni, al Cc dell’organizzazione dei giovani comunisti (che si tiene a metà ottobre ’75), entra nel dibattito. Attaccando come economicistica – con uno schema leniniano puro e con una evidente distanza dalla realtà in movimento – la linea portata avanti dalla Fgci nella scuola e in generale. A modo suo, esprime una sintonia (che, poco dopo, dovrà, in qualche modo, dismettere) con l’opinione prevalente nella Direzione del Pci. Ed è una posizione che non coglie il processo messo in moto dalla Fgci in tutto questo periodo.
Nonostante il gruppo dirigente del Pci non lo comprenda e non lo riconosca, inseguendo l’ irriproducibile, politicamente, modello della Fgci berlingueriana (anni ’40-50), la Fgci, alla metà degli anni ’70, è giunta all’apice storico della sua presenza organizzata di massa (con un dispiegamento di iscritti intorno a 150 mila) – di lì a poco, complici il ’77 ed il terrorismo, inizia il suo declino, come organizzazione politica –  gode di un consenso di massa rilevante (basti pensare al voto per i rappresentanti degli studenti del 23 febbraio 1975: in elezioni studentesche nazionali che riscuotono una partecipazione larghissima le liste che fanno riferimento alla Fgci oltrepassano assai il 50 per cento dei consensi) e  si presenta quale perno centrale del confronto fra le diverse organizzazioni politiche giovanili, alla sua destra ed alla sua sinistra: al XX congresso della Fgci, tenutosi a Genova, a fine 1975, partecipano e prendono la parola tutte le formazioni politiche presenti fra i giovani, da Lc a Cl ).
Cecchi, nell’assemblea nazionale degli studenti, a Rimini, pochi giorni dopo [9], riconferma e sviluppa la linea portata avanti  fin lì, criticando il  politicismo di cui, a suo parere, è intrisa la posizione di D’Alema.
Qui sta anche una chiave di lettura del congresso di Genova della Fgci [10].

7. Msf e Osa

Il Msf, insieme ad altre forme di movimento studentesco sviluppatesi in importanti realtà italiane e con esso entrate in un  rapporto che produce iniziativa ed una rete di coordinamento, assume, quindi, un valore politico nazionale.
 E’ anche su questo esempio – e sulla base di una linea generale che nella Fgci si afferma, definitivamente, con l’assemblea nazionale degli studenti di Bologna (fine ottobre ’73) [11] – che sorgono in tante parti del Paese esperienze analoghe che nell’autunno-inverno ’73-74 daranno vita agli Osa (Organismi studenteschi autonomi), al suo coordinamento nazionale, ad un grande e nuovo ciclo di lotte studentesche.
E’ questa la fase in cui l’elaborazione di piattaforme e di apertura di vertenze per la riforma della scuola e per i diritti degli studenti è più feconda. E si ottengono conquiste importanti.
Il 1974 è un anno di grande mobilitazione: sul piano politico-generale, sul terreno della scuola, per il divorzio.
Gli Osa – in parallelo alla Fgci – diventano, più o meno ovunque nel Paese, una forza consistente e riconosciuta presso i diversi interlocutori [12].
Si apre, nel diverso clima politico determinato dalle importanti mobilitazioni studentesche e dall’affermazione del no nel referendum sul divorzio, una nuova stagione di scontro e di incontro fra le diverse componenti del movimento studentesco.

8. decreti delegati e voto studentesco

Il terreno dei decreti delegati viene ridefinito in chiave riformatrice dall’azione parallela della Fgci [13] e degli Osa, che puntano, al contempo, a conseguire risultati rilevanti sul piano della democrazia studentesca (e oltre) – importante, in tal senso, lo sciopero nazionale degli studenti organizzato per il 30 ottobre [14] – ed a non contrapporre rappresentanti degli studenti e movimento studentesco, sviluppando, anche, un confronto largo con le altre componenti politiche di movimento.
Gli Osa si presentano, così,  con un discorso riformatore d’insieme e facendosi portatori dell’unità del movimento studentesco [15].
In tal contesto, si spacca l’estremismo italiano: anche Lotta continua dà indicazione di partecipare alle elezioni.
Nel voto del 23 febbraio ’75, l’affluenza alle urne è molto alta e gli Osa ottengono un successo straordinario: dimostrando che la spinta al cambiamento, la spinta a sinistra, fra i giovani, è qualcosa di fortemente reale.

9. per l’unità del movimento studentesco: la proposta dei consigli dei delegati

I processi nuovi manifestatisi evidenziano, chiaramente, l’esigenza e la possibilità della costruzione di un movimento studentesco unitario, autonomo e di massa, a dimensione nazionale,  basato su un programma di cambiamento della scuola e della società e su forme di democrazia consiliare all’interno degli istituti.
La discussione, avviatasi nell’assemblea degli studenti medi di Ariccia, a metà ottobre ’74 [16],  incontra una proposta esplicita per quel che riguarda la forma di base del movimento: consigli dei delegati, eletti su base di classe. La avanzano Amos Cecchi e Fabio Mussi, nella loro relazione al seminario su L’estremismo di sinistra, tenutosi a Frattocchie all’inizio di gennaio ‘75 [17]. A metà ottobre ’75, in vista dell’assemblea nazionale degli studenti, che quell’anno si tiene a Rimini, il 24-25 ottobre, la fa propria ( anche sulla base di un confronto positivo con le altre formazioni politiche presenti fra gli studenti – fra cui Comunione e Liberazione – e la lancia la direzione nazionale della Fgci [18].


Note
[1] Cfr. il documento Gli studenti della Fgci per un movimento studentesco autonomo, politico, di massa.
[2] Comprova l’esistenza di questo prevalente orientamento nei quadri studenteschi della Fgci di Firenze l’adesione fortissima che qui hanno le indicazioni del Convegno nazionale quadri della Fgci, tenutosi ad Ariccia, a fine giugno ’68, del convegno, organizzato dal Pci e dalla Fgci, su Movimento operaio Movimento studentesco, ad Ariccia, 29-30 novembre – 1 dicembre 1968, e dell’assemblea nazionale della Fgci, tenutasi a Reggio Emilia, a fine dicembre 1968.
[3] Un’idea di quel che matura è in un articolo, a mia firma (cfr: Amos Cecchi, Firenze, Collettivo e studenti. Nuova Generazione, 20 ottobre 1968) e negli interventi ospitati da Alternativa di base – Movimento studentesco/L’anno degli studenti medi – 3, 5 dicembre 1968.
[4] Fra il materiale da me consegnato all’Ist. Gramsci c’è il documento fondativo del Msm.
[5] Per la mia posizione teorico-politica al riguardo, al di là del mutatis mutandis relativo a determinati aspetti generali su cui mi è impossibile, qui e ora, intrattenermi, cfr. Amos Cecchi, Crescita della soggettività, movimenti di massa e sviluppo della democrazia, Critica marxista, 4 – 5, 1977, e Id. I nuovi soggetti e la problematica della trasformazione nel tardo capitalismo, Critica marxista, 5, 1985.
[6] Per dare un’idea più generale di quel che sta maturando, nel complesso – e per limitare la mia nota – faccio, qui, riferimento ad un articolo, a mia firma: Amos Cecchi, Le nuove generazioni nella società italiana, Critica marxista, 1, 1975.
[7] Cfr. l’intervento di  A. Cecchi ne Il dibattito al Cc e alla Ccc sul rapporto di Berlinguer, l’Unità, 10 febbraio 1973.
[8] Si può fare riferimento ai loro interventi sia nell’assemblea nazionale del ’72 (cfr. gli atti pubblicati, a cura della Fgci: Assemblea nazionale degli studenti medi comunisti – Ariccia, 2-3-4 novembre 1972), sia nel dibattito apertosi, subito dopo, su Nuova Generazione (Cecchi interviene nel numero dell’1 dicembre 1972, Franchi in quello del 16 febbraio 1973).
[9] Cfr. A. Cecchi, Conclusioni, in Assemblea nazionale degli studenti medi, Rimini, 24-25 ottobre 1975, a cura della Fgci.
[10] Cfr. G. Fasanella, D. Martini, D’Alema, la prima biografia del segretario del Pds, Milano, Longanesi, 1995.
[11] Cfr. Un nuovo movimento studentesco, per sviluppare la democrazia, cambiare la scuola e avviare un diverso sviluppo economico e sociale - Atti dell’assemblea nazionale degli studenti comunisti – Bologna, 25-26-27 ottobre 1973, a cura della Fgci.
[12] Lo conferma anche il tentativo di mediazione che il Pdup (che sta per unificarsi con il gruppo politico de il Manifesto) svolge fra entrambe le sponde del movimento, nei giorni precedenti le manifestazioni studentesche del 23-24 gennaio ’74, per giungere a dar loro unità politica. Cosa che segnala che  nell’area extraparlamentare o border line si sta percependo un cambiamento in atto nei rapporti di forza, a livello di massa, fra gli studenti. Per la cronaca/storia, la segreteria nazionale della Fgci, forte del consenso che sente crescere intorno a sé e agli Osa, pur tenendo ferma la sostanza della piattaforma e senza farsi illusioni, è disponibile, anche per non apparire anti-unitaria a priori nell’opinione studentesca di massa e, quindi, per mantenere alto l’obbiettivo di un movimento studentesco unitario su una chiara base politico-programmatica di riforma complessiva della scuola e della società, a verificare – in un eventuale incontro informale fra Guido Viale ed Amos Cecchi, proposto dal settore scuola del Pdup –  le intenzioni degli extraparlamentari. Dopo uno scambio di idee, a Botteghe Oscure, fra Renzo Imbeni, segretario nazionale, Amos Cecchi e Paolo Franchi, per la Fgci, e Giorgio Napolitano e Carlo Galluzzi, per il Pci, dato il parere fermamente contrario del Pci, per la possibile strumentalizzazione politica cui si può andare incontro, la Fgci desiste.
E’ da annotare che anche sugli organi di stampa extraparlamentari appare una nuova e significativa attenzione alla Fgci e agli Osa.
[13] Al convegno del Pci “L’impegno dei comunisti per la democrazia nella scuola”, tenutosi il 27-28 giugno a Roma, si sviluppa una forte tensione fra la Fgci ed una parte del Pci chiusa in un discorso iperistituzionale. Alla fine la posizione dei giovani comunisti (cfr. l’introduzione di Amos Cecchi sul tema: decreti delegati e studenti) passa: cfr. Il Pci propone per le elezioni scolastiche schieramenti unitari e programmi di riforma, l’Unità, 29 giugno 1974.
[14] La cui piattaforma generale è: 1. per lo statuto dei diritti degli studenti; 2. per l’abolizione del limite dei 16 anni: elettorato attivo e passivo per tutti gli studenti nelle elezioni per gli organi collegiali nella scuola; 3. per il voto a 18 anni.
[15] In vista del voto per i rappresentanti degli studenti, previsto dai decreti delegati, la Fgci, a livello nazionale, compie un giro d’orizzonte con i diversi gruppi extraparlamentari ed espone la propria proposta per andare a votare con un punto di vista di movimento. Avanguardia Operaia e il Manifesto risultano fermi nel loro intento astensionistico. Nell’incontro Lotta Continua-Fgci, pur nella più forte distanza politico-generale, si manifesta un’attenzione dei rappresentanti del gruppo extraparlamentare (Paolo Hutter, Gad Lerner, Luigi Manconi, Guido Viale) verso la linea di movimento prospettata dai rappresentanti della Fgci (Stefano Bassi, Ferruccio Capelli, Amos Cecchi).
[16] Cfr. gli atti pubblicati, a cura della Fgci: Assemblea nazionale degli studenti medi comunisti, Ariccia, 15-16-17 ottobre 1974.
[17] Cfr. Amos Cecchi, Fabio Mussi, L’estremismo nella scuola, Critica marxista, 2-3, 1975.
[18] Cfr. Amos Cecchi, Proposte per il movimento degli studenti, l’Unità, 16 ottobre 1975.

comunicazione effettuata in occasione del convegno "Tra memoria e storia. Il Movimento Studentesco Fiorentino (1971-1978)" (9-10.5.2014)

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